
Ultimo aggiornamento 27 Luglio 2023 da VetrinaFacile.it & Redazione
Unioni civili
Anche nelle unioni civili, come avviene nel matrimonio, si applica il principio della comunione dei beni. La legge 76/2016, conosciuta come legge Cirinnà, riguardante i rapporti di coppia, ha implicato la considerazione di quattro punti fondamentali:
- matrimonio basato sulla diversità di sesso dei coniugi, rimane regolato al di fuori della legge 76/2016;
- l’unione civile, consentita solo tra persone dello stesso sesso, poiché in caso contrario, si deve optare per il matrimonio;
- convivenza di fatto registrata all’anagrafe, sia tra persone dello stesso sesso sia tra persone di sesso diverso;
- la convivenza di fatto non registrata, non menzionata nella nuova legge, ma che potrebbe ricevere una simile rilevanza attribuita finora, in mancanza di legislazione, alle coppie conviventi non sposate.
Differenza tra matrimonio e unione civile
La differenza tra matrimonio e unione civile si manifesta attraverso l’introduzione, nella nostra normativa, di una nuova e inedita forma giuridica destinata alle coppie omosessuali che scelgono di essere riconosciute come “unione civile” nello stato civile. Questi due istituti, l’unione civile e il matrimonio, sono disciplinati da regolamenti distinti, ma condividono molteplici aspetti comuni. Oltre alla differenza principale riguardante il sesso dei membri della coppia, ci sono variazioni nelle modalità di celebrazione del matrimonio e di costituzione dell’unione civile, così come nel trattamento del cognome dei partner nell’unione civile, in cui uno dei membri può adottare e aggiungere o cambiare il proprio cognome con quello del partner.
Tuttavia, tra i punti di contatto, è importante sottolineare che la nuova legislazione stabilisce che le disposizioni relative al matrimonio, comprese le parole coniuge, coniugi o termini equivalenti presenti in leggi, atti aventi forza di legge, regolamenti, atti amministrativi e contratti collettivi, si applicano anche a ciascuna delle parti coinvolte in un’unione civile tra persone dello stesso sesso.
Inoltre, in modo simile al matrimonio, i partner dell’unione civile acquisiscono gli stessi diritti e assumono gli stessi doveri. L’unione civile comporta il reciproco obbligo di fornire assistenza morale e materiale e vivere insieme. Entrambi i partner sono tenuti, ciascuno in base alle proprie capacità economiche e lavorative, a contribuire alle necessità comuni. Inoltre, i membri dell’unione civile concordano insieme l’indirizzo della vita familiare e stabiliscono la residenza comune, conferendo a ciascuno dei partner il potere di attuare le decisioni concordate. Ad eccezione dell’obbligo di fedeltà imposto solo alle coppie sposate, le parole utilizzate dal codice civile per riferirsi ai membri di una coppia sposata sono le stesse utilizzate per descrivere i membri di una coppia in un’unione civile.
Interessi economici nelle unioni civili
Tra le conseguenze più significative della recente legislazione sulle unioni civili e le convivenze di fatto, emerge senza dubbio una rivoluzione nel campo degli interessi economici dei membri di queste nuove forme di convivenza. La legge ha equiparato, in ogni aspetto, i componenti di un’unione civile ai coniugi sposati.
Di conseguenza, in assenza di una convenzione matrimoniale che adotti il regime di separazione dei beni (che nel caso dell’unione civile deve essere stipulata con un atto pubblico), sia nel matrimonio che nell’unione civile si applica il regime di comunione dei beni.
Ciò significa che i beni e i diritti acquisiti durante il periodo della convivenza, sia essa un matrimonio o un’unione civile, diventano di proprietà comune. Inoltre, così come avviene per i coniugi, anche i membri di un’unione civile possono optare per il regime del fondo patrimoniale.
Questa equiparazione tra i due istituti ha notevoli implicazioni nella sfera economica dei partner coinvolti, garantendo una maggiore protezione e parità di diritti tra coppie sposate e coppie in un’unione civile.
Convivenza di fatto registrata
Una situazione diversa si presenta per le convivenze di fatto registrate, poiché in questa circostanza non si stabilisce automaticamente un regime di comunione degli acquisti.
In questa forma di convivenza, ciascun convivente rimane titolare esclusivo di ciò che acquista. Tuttavia, coloro che formano una coppia di conviventi registrata hanno la possibilità di stipulare un contratto di convivenza, riconosciuto con un atto pubblico notarile o una scrittura privata autenticata da un notaio o avvocato, il cui contenuto è soggetto a registrazione nei registri anagrafici.
Questo contratto consente di creare una comunione dei beni e dei diritti acquisiti dai conviventi di fatto durante il periodo in cui la convivenza registrata è in corso.Secondo la nuova legge, questo contratto di convivenza può anche regolare le modalità con cui i conviventi contribuiscono alle spese della vita in comune, tenendo conto del loro patrimonio, reddito e capacità lavorativa, sia professionale sia casalinga.
La legge non fornisce ulteriori dettagli riguardo al contratto di convivenza, lasciando agli studiosi e alla giurisprudenza il compito di definire se possa contenere anche altri elementi, come, ad esempio, l’anticipata definizione dei comportamenti da tenere e delle contribuzioni da effettuare in caso di fine della convivenza. Quest’ultimo aspetto è vietato nel matrimonio, ma potrebbe essere oggetto di ulteriori approfondimenti nella pratica giuridica e dottrinale in seguito.
Le successioni
Nel contesto di un’unione civile, il membro dell’unione acquisisce lo status di successore legittimo e, di conseguenza, ha il diritto di ricevere una parte dell’eredità e di continuare ad abitare la casa che era la residenza della coppia durante la vita del defunto.
Inoltre, il componente dell’unione civile acquisisce anche lo status di successore necessario, il che significa che ha il diritto di contestare le donazioni e le disposizioni testamentarie che non gli consentono di ottenere una quota del patrimonio del defunto. Questa quota è calcolata sommando i beni che sono stati lasciati dal defunto alla sua morte e quelli che il defunto ha donato durante la sua vita.
In sintesi, il membro di un’unione civile ha il diritto di ereditare parte dei beni del partner defunto e di contestare eventuali disposizioni testamentarie o donazioni che gli impediscano di ricevere la sua giusta quota di eredità.
Convivente di fatto
Il convivente di fatto non acquisisce alcun diritto successorio in caso di morte del partner. Tuttavia, se la convivenza si svolgeva in un’abitazione di proprietà del convivente defunto, il superstite ha il diritto di abitazione per un periodo di due anni. Se la convivenza ha perdurato per oltre due anni, il diritto di abitazione ha una durata pari a quella della convivenza stessa, ma non può superare i cinque anni. Nel caso in cui il convivente superstite abbia figli minori disabili, il diritto di abitazione dura almeno tre anni.
Questo significa che, nonostante il convivente di fatto non abbia diritti ereditari, la legge prevede delle tutele per garantire un’abitazione al convivente superstite per un determinato periodo, qualora la convivenza sia avvenuta in un’abitazione di proprietà del defunto. Tali misure mirano a fornire una certa protezione al partner sopravvissuto in queste situazioni particolari.