
Ultimo aggiornamento 11 Settembre 2023 da VetrinaFacile.it & Redazione
Responsabilità precontrattuale: buona fede e recesso ingiustificato nelle trattative
Anche la fase antecedente alla firma del contratto è protetta dalla legge poiché ciò che viene detto prima di presentare una proposta d’acquisto può essere rilevante. Le parti richiedono sincerità e correttezza reciproche.
La conclusione del contratto per l’acquisto di un immobile è preceduta da una fase di discussione tra le parti riguardo al suo contenuto e alla possibile regolamentazione dell’accordo. Si cerca un punto d’incontro tra posizioni spesso opposte o lontane tra di loro.
Prima di stipulare il contratto, sia il venditore che l’acquirente hanno l’interesse legittimo di verificare non solo la convenienza economica dell’affare, ma anche e soprattutto la validità del contratto futuro, soprattutto in relazione alle caratteristiche sostanziali e giuridiche dell’immobile in questione.
È quindi giustificato che entrambe le parti abbiano la possibilità di interrompere le trattative in corso, indipendentemente dalla presenza di una ragione valida, sempre nel rispetto del dovere reciproco di agire con buona fede e correttezza. È stato stabilito dal Tribunale di Bologna il 19 aprile 2017 che colui che avvia le trattative non è obbligato né a concluderle né a giustificare la sua decisione, salvo eccezioni in cui la sua condotta venga considerata illegittima per violazione del principio generale della buona fede.
Atti preparatori e manifestazioni di volontà
Le parti possono liberamente determinare la forma e il contenuto degli atti preparatori, che possono comprendere vari elementi, come contatti telefonici, incontri, visite ai sopralluoghi e così via. In alcuni casi, possono essere concrete come una lettera di intenti.
É importante sottolineare che le manifestazioni di interesse espresse durante la fase iniziale delle trattative non hanno alcuna efficacia vincolante.
Durante questa fase iniziale, le parti possono avere posizioni diverse e prospettare soluzioni diverse, esponendo le proprie argomentazioni. La sintesi convenzionalmente raggiunta e accettata da entrambe le parti è espressa nel test definitivo, che diventa il riferimento per stabilire i rispettivi diritti e obblighi. Gli accordi parziali raggiunti in questa fase preliminare non hanno valore vincolante, salvo l’eventuale responsabilità precontrattuale della parte che abbia ingiustificatamente interrotto le trattative.
Le intese preparatorie, spesso denominate “minute”, possono essere documentate per iscritto e, in sede di giudizio risarcitorio, possono assumere un certo valore probante per dimostrare lo stato di avanzamento delle trattative e l’eventuale danneggiamento subito da una delle parti a causa del recesso ingiustificato dell’altra.
Tuttavia, occorre sottolineare che stabilire se un documento scritto sia una minuta o un contratto completo può non essere sempre agevole. Potrebbe succedere che le parti attribuiscano valore decisivo ai fini del consenso anche ad elementi astratti e accessori, come le modalità di rateizzazione del prezzo o altre clausole.
Sostanzialmente, il momento in cui il contratto si perfeziona e si conclude dipende dalla volontà manifestata dalle parti, come espressa nella scrittura e ricostruita tenendo conto di tutte le circostanze del caso.
La buona fede nella fase precontrattuale
Durante la fase precontrattuale, si manifesta un interesse alla conclusione dell’accordo, ma al momento non sorgono ancora obbligazioni né per il promittente venditore né per il promissario acquirente. Ai sensi dell’articolo 1137 del codice civile, le trattative e la responsabilità precontrattuale richiedono che entrambe le parti agiscano secondo buona fede, anche se non sono obbligate a contrarsi reciprocamente.
La buona fede nelle trattative si intende nella sua eccezione oggettiva, quindi come regole di condotta e di sostanza, fondandosi sul principio della solidarietà contrattuale e articolandosi in due aspetti principali: la lealtà e la salvaguardia degli interessi delle parti.
La trattativa preliminare spetta alla formazione del contratto, e i contatti in essa compresi sono finalizzati all’accertamento della sua idoneità a soddisfare le esigenze delle parti, basandosi su valutazioni di opportunità e convenienza.
Il comportamento secondo buona fede è richiesto dall’ordinamento sin dall’inizio, anche in una fase meramente esplorativa che non si sia ancora espressa in atti negoziali tipici.
L’articolo 1337 del codice civile stabilisce questa regola come clausola generale, il cui contenuto non può essere predeterminato in modo preciso e implica il dovere di trattare lealmente la controparte, evitando comportamenti maliziosi o reticenti e fornendo tutte le informazioni rilevanti che sono note o conoscibili con l’ordinaria diligenza ai fini della stipulazione del contratto.
La violazione dell’obbligo di comportarsi secondo buona fede nelle trattative assume rilievo sia nel caso di mancata conclusione del contratto o di conclusione di un contratto invalido o inefficace, sia nel caso in cui il contratto concluso sia valido ma risulti pregiudizievole per la parte che ha subito il comportamento scorretto dell’altra parte.
Responsabilità precontrattuale e obbligo di buona fede
Nella prima fattispecie, ricorre quando una parte rompe le trattative senza giusto motivo, generando aspettative nell’altra parte che contava sulla conclusione del contratto e sostenendo spese. In queste circostanze, la presenza dell’accettazione oggettiva del principio della buona fede è sufficiente per affermare tale responsabilità. È essenziale che il comportamento non intenzionale del soggetto sia veramente colposo e che si siano compiute azioni o omissioni in contrasto con i principi della correttezza e della buona fede.
Si può verificare che una parte, pur conoscendo o dovendo conoscere l’esistenza di una causa di invalidità del contratto, non ne abbia dato notizia all’altra parte, causando un danno per averla indotta a confidare, senza colpa, nella validità del contratto. Tale situazione è disciplinata dall’articolo 1338 del codice civile, che impone un chiaro obbligo di comunicazione e un dovere di accertamento delle cause invalidanti esistenti ed eventuali.
Se il contratto viene concluso validamente ma risulta pregiudizievole per la parte danneggiata dal comportamento scorretto dell’altra parte, quest’ultima potrà agire per ottenere il risarcimento del danno, calcolato in base al minor vantaggio o maggior aggravio economico causato dal comportamento in violazione dell’obbligo di buona fede. Tuttavia, per ottenere risarcimento, è necessario dimostrare l’esistenza di ulteriori danni direttamente collegati al comportamento scorretto e non riconducibili alla conclusione del contratto valido ed efficace.
La conclusione di un contratto valido ed efficace non costituisce un ostacolo alla proposizione di un’azione risarcitoria basata sulla violazione della regola posta dall’articolo 1337 del codice civile e su obblighi più specifici ad essa riconducibili. Questo è valido a condizione che il danno trovi fondamento nella violazione degli obblighi e della condotta delle parti durante le trattative precedenti alla conclusione del contratto.
Responsabilità precontrattuale e recesso ingiustificato
In caso di contratto invalido, non si configura una responsabilità per colpa nelle trattative quando la causa di invalidità è nota a uno dei contraenti e deriva da una norma di legge con presunzione assoluta che deve essere nota alla generalità dei cittadini.
Nella fase antecedente la conclusione del contratto, le parti hanno la piena facoltà di verificare la loro convenienza alla stipulazione del contratto e sono libere di recedere indipendentemente dalla presenza di un giustificato motivo. Tuttavia, devono rispettare i doveri di buona fede, mantenendo informata la controparte circa la possibilità di conclusione del contratto e comunicando eventuali circostanze significative riguardanti l’economia del contratto stesso.
La possibilità di recedere dalle trattative senza pregiudizio incontra il limite del comportamento scorretto che genera la responsabilità precontrattuale, prevista dall’articolo 1337 del codice civile.
Chi illude l’altro durante le trattative si comporta in modo sleale e può essere condannato al rimborso delle spese sostenute ingiustamente dalla controparte che confidava nella stipulazione del contratto.
Quando può configurarsi una responsabilità precontrattuale
È fondamentale precisare che affinché possa configurarsi una responsabilità precontrattuale, non solo le trattative devono essere giunte a uno stadio avanzato, tale da far maturare nell’altra parte un oggettivo e concreto convincimento della prossima stipulazione del contratto, ma è anche necessario che il recesso sia ingiustificato e privo di ragionevole giustificazione.
La responsabilità precontrattuale è di natura extracontrattuale, pertanto, nelle ipotesi di recesso ingiustificato dalle trattative, il criterio della buona fede e correttezza viene valutato non tanto sul soggetto che recede, ma piuttosto sulla parte danneggiata che deve dimostrare che il recesso non è conforme a quanto stabilito dall’articolo 1337 del codice civile (Tribunale di Milano, sentenza 7191 del 17 luglio 2019).
La responsabilità per recesso ingiustificato dalle trattative può ricorrere anche quando le parti abbiano convenuto di concludere il contratto, ma abbiano lasciato un termine essenziale aperto per la futura trattativa. Anche in questo caso, sussiste l’affidamento nella futura conclusione del contratto, e la parte cui è imputabile il fallimento della trattativa può essere tenuta a risarcire il danno subito dalla controparte per aver confidato nella futura conclusione del contratto.