PARTI COMUNI NEL CONDOMINIO: COSA PAGARE?

Parti comuni nel condominio

Ultimo aggiornamento 12 Settembre 2022 da VetrinaFacile.it & Redazione

Parti comuni nel condominio: cosa pagare?

Oltre che dalle singole unità abitative, un condominio è caratterizzato dalla presenza delle parti comuni. A tal proposito l’articolo 1117 del codice civile, come modificato dalla legge di riforma, dispone che «sono oggetto di proprietà comune dei proprietari delle singole unità immobiliari dell‘edificio, anche se aventi diritto a godimento periodico e se non risulta il contrario dal titolo:

  • tutte le parti dell’edificio necessario all’uso comune, come il suolo su cui sorge l’edificio, le fondazioni, i muri maestri, i pilastri e le travi portanti, i tetti e i lastrici solari, le scale, i portoni di ingresso, i vestiboli, i portici, i cortili e le facciate;
  • le aree destinate a parcheggio nonché i locali per i servizi in comune, come la portineria, incluso l’alloggio del portiere, la lavanderia, gli stenditoi e i sottotetti destinati, per le caratteristiche strutturali e funzionali, all’uso comune;
  • le opere, le installazioni, i manufatti di qualunque genere destinati all’uso comune, come gli ascensori, i pozzi, le cisterne».

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Le parti comuni nel condominio

Le parti comuni sono a disposizione di tutti i condomini, che possono servirsene avendo cura di non alterarne la destinazione e non impedirne l’utilizzo agli altri partecipanti. Nessun condomino, inoltre, può sottrarsi agli obblighi di spesa per la loro conservazione e il loro godimento. 

Tali spese, come specificato dall’articolo 1123 del codice civile sono sostenute «dai condomini in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno, salvo diversa convenzione e ancora, se si tratta di cose destinate a servire i condomini in misura diversa, le spese sono ripartite in proporzione dell’uso che ciascuno può farne».

Qualora un edificio abbia più scale, cortili, lastrici solari, opere o impianti destinati a servire una  parte dell’intero fabbricato, le spese relative alla loro manutenzione sono a carico del gruppo di condomini che ne trae utilità.

Impianti idrici e fognari «parti comuni nel condominio»

Gli impianti idrici e fognari, i sistemi centralizzati di distribuzione e di trasmissione per il gas, per l’energia elettrica, per il riscaldamento ed il condizionamento dell’aria, per la ricezione radiotelevisiva e per l’accesso a qualunque altro genere di flusso informativo, anche da satellite o via cavo, e i relativi collegamenti fino al punto di diramazione ai locali di proprietà individuale dei singoli condomini, ovvero, in caso di impianti unitari, fino al punto di utenza, salvo quanto disposto dalle normative di settore in materia di reti pubbliche.

Il suolo e il sottosuolo

Per «suolo» si intende l’area delimitata in larghezza e  lunghezza sulla quale poggia il pavimento del pianterreno e, in altezza, la parte fuori terra dell’edificio condominiale.

Sono annoverati tra le parti comuni anche i sottosuolo e gli spazi sottostanti al pianterreno, posti fra i muri maestri dello stabile. I condomini, come puntualizzato dalla Cassazione (sentenza 19 gennaio 2003, 11. 18091), sono comproprietari della superficie alla base del fabbricato, sulla quale sono infisse le fondazione dell’immobile.

I muri maestri «parti comuni nel condominio»

I muri maestri sono quelli perimetrali e quelli interni su cui si regge l’edificio, anche nella parte in cui limitano o attraversano le singole unità abitative. Non ne fanno parte i muri che hanno soltanto valore architettonico ed estetico, mentre vi rientra la facciata, solitamente il lato dell’edificio in cui è collocato l’ingresso principale.

Una parte comune che va particolarmente tutelata, in quanto contribuisce all’armonia architettonica dello stabile per questo motivo ogni sua trasformazione può essere vietata persino da un singolo condomino che ricorra al giudice anche contro una decisione presa dall’assemblea.


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II tetto e il lastrico solare

Il «tetto» ha la fondamentale funzione di copertura dell’intero edificio e le spese di manutenzione o di rifacimento sono da suddividere tra tutti i condomini in base ai rispettivi millesimi di proprietà. Al pari del tetto, anche il  lastrico solare, ossia la superficie piana che funge da copertura per lo stabile, si presume di proprietà comune, a meno che dai titoli non risulti il contrario.

Può capitare che il tetto, ma soprattutto il lastrico solare, sia dato in proprietà o uso esclusivo a un condomino, solitamente il proprietario dell’appartamento sito all’ultimo piano. Questi è tenuto a pagare interamente i costi relativi a eventuali lavori di manutenzione ordinaria, mentre per gli interventi straordinari e per la ricostruzione, un terzo delle spese sono a carico del condomino e i restanti due terzi a carico dei restanti condomini.

Per la ripartizione delle spese concernenti i danni del lastrico solare di proprietà esclusiva, sia il condominio, sia chi utilizza il lastrico rispondono in quanto custodi del bene a norma dell’articolo 2051 del codice civile (Cassazione, Sezioni Unite, 10 maggio 2016, n. 9449).

II sottotetto «parti comuni nel condominio»

Il sottotetto è lo spazio o camera d’aria compreso tra la copertura dell’edificio e il solaio di copertura dell’ultimo piano. Il  legislatore, modificando l’articolo 1117 del codice civile, ha incluso il sottotetto fra le parti comuni dell’edificio, a condizione che tale bene sia destinato all’uso comune per le sue «caratteristiche strutturali e funzionali».

Così, a memo che i titoli d’acquisto non lo assegnino al proprietario dell’alloggio sito all’ultimo piano, il sottotetto risulta di proprietà individuale soltanto quando per le sue caratteristiche non può essere utilizzato da tutti i condomini. Rientra, invece, fra le parti comuni il sottotetto non abitabile dove sono alloggiati serbatoi per l’acqua, cavi elettrici ecc.

I Balconi

Anche se i balconi non rientrano fra le parti comuni contemplate dall’articolo 1117 del codice civile, alcuni elementi che li costituiscono possono appartenere a più condomini, se non all’intero condominio. Di conseguenza, a determinare la ripartizione dei costi in caso di manutenzione o di rifacimento è la loro tipologia costruttiva e il modo in cui si integrano nello stabile.

In linea di massima esistono due tipi di balconi:

  1. aggettanti che sporgono rispetto alla facciata e costituiscono un prolungamento dell’appartamento;
  2. incassati che formano una sorta di rientranza nella facciata, solitamente chiusa su due o tre lati.

Nel balcone aggettante le spese per il rifacimento della ringhiera e della pavimentazione in marmo sono sempre a carico del proprietario dell’unità immobiliare, in quanto usufruisce direttamente e in via esclusiva del balcone.

Sono, invece, da suddividere tra tutti i condomini i costi per la tinteggiatura e il ritocco degli stucchi ornamentali, elementi decorativi della facciata dai quali traggono beneficio, seppure in termini puramente estetici, fra tutti i condomini.

Spese relative alla soletta «parti comuni nel condominio»

E ancora, le spese relative alla soletta vanno ripartite tra i proprietari dei due piani l’uno all’altro sovrastante. Il piano di calpestio, infatti, oltre ad essere utilizzato dal legittimo proprietario del balcone, funge da copertura per il condomino del piano inferiore.

Per i ballatoi valgono le stesse regole dei balconi aggettanti, ma poiché a essere serviti da ciascuna balconata sono più appartamenti, le spese per la loro manutenzione e ricostruzione sono a carico di tutti i proprietari degli appartamenti che li utilizzano.

Fanno eccezione le spese per il rivestimento del parapetto della balconata (intonaco, piastrelle, ringhiere) che sono a carico di tutti i condomini. Infatti, non é possibile tracciare una netta distinzione tra il rivestimento della facciata dell’edificio e quelle della balconata stessa.

Infine, per quanto concerne il  balcone incassato, la parte frontale è considerata parte integrante della facciata è i costi  per i relativi interventi vanno suddivisi fra tutti i condomini, in misura proporzionale ai millesimi di proprietà.

Le scale «parti comuni nel condominio»

Le scale sono elementi strutturali che condizionano l’esistenza dell’edificio condominiale e, seppure in taluni casi possano essere di proprietà esclusiva, rientrano a tutti gli effetti fra le parti comuni.

L’articolo 1124 del codice civile dispone, però, che «al pari degli ascensori esse sono mantenuti e sostituite dai proprietari delle unità immobiliari a cui servono e la relativa spesa è ripartita fra essi, per metà in ragione del valore delle singole unità immobiliari e per l’altra metà esclusivamente in misura proporzionale all’altezza di ciascun piano dal suolo.

Al fine del concorso nella metà della spesa, che è ripartita in ragione del valore, si considerano come piani le cantine, i palchi morti, le soffitte o camere a tetto e i lastrici solari, qualora non siano di proprietà comune”.

I portoni e i passi carrai

Rientrano fra le parti comuni dell’edificio a tutti i condomini anche chi non possiede l’automobile o un altro mezzo locomozione, sono tenuti a sostenere le spese relative. Per esempio la manutenzione del portone, la sua verniciatura e, nel caso del passo carraio, la tassa dovuta al Comune.

I corridoi

In uno stabile i corridoi possono essere utilizzati da tutti i condomini o soltanto da alcuni. Nel primo caso, le spese per il mantenimento e la manutenzione sono a carico di tutti i condomini, in base ai rispettivi millesimi di proprietà. Nel secondo caso, qualora il regolamento contrattuale non li inserisca fra le parti comuni, i costi sono a carico dei condomini che se ne servono.

I cortili e i giardini

La pavimentazione del cortile e la manutenzione degli spazi verdi condominiali è a carico di tutti i condomini che partecipano alla spesa in base millesimi di proprietà in loro possesso. La Cassazione (sentenza 18 aprile 1994, n. 3666) ha stabilito che tutti i condomini sono tenuti a contribuire alle spese per la potatura di una pianta presente in un giardino di proprietà esclusiva allorché si tratti di piante funzionali al decoro dell’intero edificio e la potatura stessa avvenga per soddisfare le relative esigenze di cure del decoro stesso.

Più complessa la questione del parcheggio in cortile

Se il regolamento condominiale non lo vieta e la conformazione dello spazio si presta a tale funzione (senza ostacolare il transito delle persone che abitano nel plesso) il parcheggio può essere permesso. Secondo un primo orientamento, per il via libera basterebbe il voto favorevole degli intervenuti in assemblea in possesso di 500 millesimi, mentre per altri è necessario l’unanimità.

I parcheggi possono essere di tre tipi:

  1. con vincolo pertinenziale a favore del condominio; sono quelli esistenti in edifici costruiti con licenza o concessione rilasciate dopo il 1° settembre 1967. Nelle nuove edificazioni una certa area (un metro quadrato ogni venti metri cubi di costruzione per le concessioni rilasciate dal 1° settembre 1967 al 6 aprile 1989 o un metro quadrato ogni dieci metri cubi di costruzione, per concessioni successive al 7 aprile 1939) deve essere destinata a parcheggio. Tali spazi possono essere utilizzati dai residenti ma allo stesso tempo, non essendo gravati da vincoli pertinenziali, sono trasferibili a soggetti che risiedono in altre unità immobiliari, a condizione che si trovino nello stesso Comune;
  2. con vincolo pertinenziale a favore del singolo appartamento; a loro volta possono essere di tre tipi: a) ricavati al pian terreno o nel sottosuolo dell’edificio; b) realizzati grazie alle integrazioni alla legge Tognoli portate dalla legge 127/1997; c) costruiti anche solo da una parte dei condomini, in aree esterne al condominio stesso, e divengono pertinenziali ai loro appartamenti e, in questo caso, non occorre l’assenso dell’assemblea condominiale; edificati esternamente al condominio, su aree comunali o nel loro sottosuolo, su iniziativa di privati o cooperative edili;
  3. liberi sono quelli esistenti in edifici costruiti con licenza o concessione rilasciate prima del 1° settembre 1967 a quelli realizzati in eccesso allo standard previsto per le nuove costruzioni. Sono anche liberi quelli costruiti dopo la legge 25 novembre 2005, n. 246. Possono essere venduti a chiunque, anche a soggetti che risiedono in altri comuni.

La piscina e i campi sportivi

Quando la piscina, il campo da tennis o da calcetto all’interno di un condominio sono stati costruiti insieme al palazzo, la ripartizione delle spese per il mantenimento delle strutture è disciplinata dal regolamento contrattuale condominiale.

In assenza di regolamento condominiale, le spese per la conservazione vanno suddivise tra tutti i condomini proprietari, in proporzione ai millesimi in loro possesso, mentre le spese di esercizio (pulizia, illuminazione ecc.) in base ai possibili utilizzatori, bambini compresi.

Le destinazioni d’uso delle parti comuni

La legge di riforma del condominio ha introdotto nel codice civile due nuovi articoli dedicati alle «destinazioni d’uso». Il primo è l‘articolo 1117 TER, riguardante le modifiche delle parti comuni, per esempio la realizzazione di una piscina o di un parcheggio al posto del giardino condominiale.

Per via libera in assemblea è necessario un numero di voti che  rappresenti i quattro quinti dei partecipanti al condominio e i quattro quinti del valore dell’edificio.

La norma aggiunge che la convocazione dell’assemblea deve essere affissa per non meno di trenta giorni consecutivi nei locali di maggior uso comune o negli spazi a tal fine destinati e deve effettuarsi mediante lettera raccomandata o equipollenti mezzi telematici, in modo da pervenire almeno venti giorni prima della data di convocazione.

Convocazioni

Convocazione che, a pena di nullità, deve indicare le parti comuni oggetto della modificazione e la nuova destinazione d’uso, tenendo conto che sono vietati i cambiamenti che possono recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato o che ne alterino il decoro architettonico.

L’articolo 1117 «quater» ha invece come obiettivo la tutela delle destinazioni d’uso delle parti comuni e prevede che «in presenza di attività che incidano negativamente su di esse, l’amministratore o i condomini, anche singolarmente, possono diffidare l’esecutore chiedendo la convocazione dell’assemblea per far cessare la violazione, anche mediante azioni giudiziarie».


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Quorum richiesto in assemblea e rinuncia alle parti comuni

In assemblea il quorum richiesto è quello previsto dall’articolo 1136 comma 2, ovvero un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio. La legge di riforma ha affrontato anche la questione della rinuncia di uno o più condomini alle parti comuni.

Ciò è possibile soltanto se in uno stabile sono tutti d’accordo, a meno che non si tratti dell’impianto di riscaldamento. Il singolo condomino può, infatti, decidere di distaccarsi in qualsiasi momento, a patto che installi a sue spese un impianto autonomo o spenga definitivamente i caloriferi.

Il distacco, inoltre, non deve causare squilibri nel funzionamento della caldaia o determinate aggravi di spesa per i restanti condomini. In ogni caso, chi decide di distaccarsi continuerà a pagare le spese di manutenzione  straordinaria dell’impianto.

Uso singolo delle parti comuni

Un altro argomento che può generare incomprensioni fra i partecipanti al condominio riguarda l’uso singolo delle parti comuni.

In questo caso l’articolo di riferimento è il 1102 del codice civile, secondo cui «ciascun condomino può servirsi della cosa comune purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto».

A tal fine può apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il miglior godimento della cosa. Il partecipante non può estendere il suo diritto sulla cosa comune in danno degli altri partecipanti, se non compie atti idonei a mutare il titolo del suo possesso.

Sopraelevazione «parti comuni nel condominio»

La «sopraelevazione» è un caso particolare di uso singolo di una parte comune. L’articolo 1127 dispone «che il proprietario dell’ultimo piano dell’edificio può elevare nuovi piani salvo che risulti altrimenti dal titolo».

La stessa facoltà spetta a chi è proprietario esclusivo del lastrico solare. La soprelevazione non è ammessa se le condizioni statiche dell’edificio non la consentono e i condomini vi si possono opporre se pregiudica l’aspetto architettonico dell’edificio ovvero diminuisce notevolmente l’aria o la luce dei piani sottostanti.

Se rispetta tali paletti, il condomino che intende sopraelevare può procedere con l’intervento senza coinvolgere l’assemblea, a meno che il regolamento contrattuale non lo consenta. Chi sopraeleva è comunque tenuto a corrispondere agli altri condomini un’indennità pari al valore attuale dell’area da occuparsi con la nuova fabbrica, diviso per il numero dei piani, ivi compreso quello da edificare, detratto l’importo della quota a lui spettante è deve farsi carico della ricostruzione del lastrico.

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