DIRITTO DI PRELAZIONE

Diritto di prelazione

Ultimo aggiornamento 11 Novembre 2022 da VetrinaFacile.it & Redazione

Diritto di prelazione

La prelazione è il diritto di acquistare, a parità di condizioni, prima di chiunque altro. La prelazione può essere prevista dalla legge o volutamente dalle parti.

Un preliminare di vendita immobiliare, ad esempio, non è solo vincolato dalla due parti (venditore e acquirente) bensì da un terzo soggetto che è appunto “chi” ha il diritto di prelazione su un determinato immobile.

Il terzo soggetto detto il «prelazionario» può esercitare il diritto di prelazione che può produrre l’annullamento del contratto di compravendita concluso dal venditore con un terzo soggetto.

La prelazione può essere:

  1. volontaria (convenzionale)
  2. legale (giurisdizionale)
  3. artistica
  4. agraria
  5. urbana nell’uso commerciale
  6. urbana nell’uso abitativo
  7. nell’edilizia residenziale pubblica
  8. del coerede
  9. sull’azienda nell’impresa familiare

Diritto di prelazione volontaria

La prelazione volontaria fa sorgere solo l’obbligo di preferire un determinato soggetto, rispetto a chi effettivamente ne avrebbe diritto. La conseguenza sarà il diritto del prelazionario ad ottenere il risarcimento del danno e non l’annullamento del contratto di compravendita.

Diritto di prelazione legale

La prelazione legale a differenza di quella volontaria ha un «efficacia reale». Si sostanzia nel «diritto di riscatto» dell’immobile nei confronti di colui che l’ha acquistato in violazione del diritto di prelazione. Considerando che il prelazionario ha diritto alle stesse condizioni contrattuali offerte all’acquirente non legittimo.

Diritto di prelazione artistica

Quando ad essere interessati sono i beni culturali, artistici, archeologici e/o etnografici si manifesta una prelazione artistica. Nel 2004 la materia ha avuto una rivisitazione con l’introduzione del Codice dei beni culturali che prevede il diritto di prelazione dello Stato, delle regioni e degli altri enti pubblici territoriali sui beni culturali individuali nel codice stesso (art. 10 e 134 del Dlgs 42/2004 successivamente implementato dal Dlgs 156/2006).

Alcuni immobili di particolare pregio storico o artistico sono dichiarati con decreto beni di interesse culturale e in relazione agli stessi il Ministero, la regione o altro ente pubblico territoriale interessato, hanno la difficoltà di acquistare in via di prelazione le unità immobiliari cedute a titolo oneroso o conferite a società rispettivamente al medesimo prezzo stabilito nell’atto di compravendita o al medesimo prezzo stabilito nell’atto di trasferimento.

É importante ricordare che se un immobile è situato all’interno di un edificio di interesse culturale e quest’ultimo è oggetto di compravendita, il venditore deve denunciare al Ministero per i Beni e le Attività Culturali, le condizioni di trasferimento. La denuncia da parte del venditore deve essere effettuata entro 30 giorni e la prelazione deve essere esercitata 60 giorni dalla data di ricevimento della denuncia.

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Diritto di prelazione agraria

Questo diritto spetta al conduttore di un fondo con destinazione agricola nel caso di vendita a titolo oneroso (legge 590/1965): la legge riconosce la prelazione anche al coltivatore diretto proprietario di terreni confinanti con fondi offerti in vendita, purché non vi sia alcuno che li detenga per coltivarli (legge 817/1971).

Perché tale diritto di prelazione sia riconosciuto al confinate non è necessario che questi svolga l’attività di coltivatore in maniera esclusiva e professionale, ossia che tragga dall’attività di coltivazione la prevalenza del suo reddito, essendo invece necessario e sufficiente che il confinante coltivi abitualmente e non in maniera saltuaria il fondo.

Nella prelazione del conduttore la «ratio del diritto» è rintracciabile nell’opportunità di far coincidere nello stesso soggetto la proprietà del fondo con la proprietà dell’azienda agricola. Invece, nell’ipotesi di «prelazione del confinante», la finalità è quella di evitare un eccessivo frazionamento della proprietà agricola fondiaria.

Affinché si verifichino i presupposti per la validazione del diritto di prelazione è necessario che il prelazionario coltivi il terreno da almeno due anni e non abbia venduto altri fondi con destinazione agricola nel biennio precedente e che il fondo in vendita, sommato al fondo eventualmente già di proprietà del soggetto che ha diritto di prelazione, non superi il triplo della capacità lavorativa dello stesso e della sua famiglia.

In generale il proprietario che intende vendere il terreno agricolo deve comunicare al soggetto che ha il diritto di prelazione la propria volontà trasmettendogli il contratto preliminare sottoscritto con il terzo acquirente. Se il proprietario del fondo agricolo vende senza consentire all’avente diritto l’esercizio della prelazione, il conduttore o il confinante può esercitare il diritto di riscatto nei confronti di chi ha acquistato entro un anno dalla trascrizione dell’atto di vendita.

Diritto di prelazione urbana nell’uso commerciale

In questa situazione il conduttore ha diritto di essere preferito solo se l’unità immobiliare è destinata allo svolgimento di un’attività che comporta contatti diretti con il pubblico degli utenti e dei consumatori.

Nella locazione commerciale il diritto di prelazione trova la propria fonte nella legge e non già nella volontà delle parti: si tratta perciò di una prelazione legale e non convenzionale. La violazione di tale prelazione rende operante per il conduttore il diritto di riscattare l’immobile dal terzo acquirente e da ogni altro successivo avente causa.

A differenza della prelazione volontaria che dispiega la propria efficacia solo tra le parti, quella legale ha efficacia «erga omnes», vale a dire nei confronti di tutti coloro che abbiano interesse a farla valere: tale estensione di efficacia nei confronti di qualsiasi soggetto trova spiegazione nella natura dell’interesse specifico protetto dalla norma, cioè la conservazione dell’attività commerciale esercitata dal conduttore.

Il limite imposto al proprietario nella libera circolazione dell’immobile è giustificato dalla tutela prestata al soggetto che esercita una determinata attività commerciale a mantenere l’avviamento e dunque la clientela che deriva proprio dall’essere svolta in un determinato luogo.

Il conduttore di un immobile a uso commerciale che non venga messo nelle condizioni di esercitare il diritto di prelazione (perché il proprietario non provvede a denunciare le proprie intenzioni negoziali ovvero il corrispettivo indicato per la vendita è superiore a quello risultante dall’atto di trasferimento dell’immobile) ha diritto di esercitare il riscatto del bene entro 6 (sei) mesi dalla trascrizione del contratto di vendita, attraverso l’iniziativa giudiziale, ossia proponendo la relativa domanda nei confronti del terzo acquirente finalizzata a ottenere il riscatto del bene subordinatamente al versamento del prezzo.

Diritto di prelazione urbana nell’uso abitativo

Nel dicembre del 1998 è entrata in vigore la legge 431/1998 che ha definitivamente posto fine al «regime dell’equo canone» e ha consentito di stipulare contratti di locazione a uso abitativo per una durata non inferiore a quattro anni con rinnovo tacito alla scadenza per un altri quattro anni.

Al locatore è consentito praticare un canone libero purché venga riconosciuto al conduttore una più lunga durata del rapporto, che può interrompersi alla scadenza dei primi quattro anni solo in presenza di motivate ragioni del locatore, tra le quali l’intenzione del proprietario di vendere l’unità immobiliare: in tale ipotesi spetta al conduttore il diritto di prelazione da esercitarsi con le stesse modalità previste per la prelazione urbana nell’ambito delle locazioni a uso diverso dell’abitazione.

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Diritto di prelazione in presenza di più conduttori

Nel caso di più conduttori il diritto di prelazione può essere esercitato congiuntamente e se alcuni di essi vi rinunciano, dai rimanenti o dal rimanente conduttore potrà esprimersi, ed entro 30 gg dalla notifica della comunicazione da parte del locatore che non abbia comunicato agli altri conduttori la su intenzione di avvalersi della prelazione si considera avere rinunciato alla prelazione medesima.

Anche per le locazioni ad uso abitativo, qualora il proprietario non provveda alla notificazione dell’intenzione di procedere alla vendita e impedisca così al conduttore l’esercizio della prelazione, ovvero vi proceda dopo averne dato comunicazione a un corrispettivo inferiore a quello indicato, al conduttore è riconosciuto il «diritto di riscatto» (art. 39 della legge 392/1978) da esercitarsi con azione giudiziaria entro sei mesi dalla data della trascrizione del contratto.

Diritto di prelazione nell’edilizia residenziale pubblica

Il proprietario non può vendere l’alloggio popolare prima che siano trascorsi 10 (dieci) anni dalla data di registrazione dell’acquisto e comunque sino a quando non abbia pagato l’intero prezzo (art. 28 della legge 223/1977). Decorso tale termine l’assegnatario è libero di vendere, ma è previsto il diritto di prelazione a favore degli Istituti Autonomi per le Case Popolari e dei loro Consorzi.

La prelazione non spetta in caso di permuta, donazione, conferimento in società. L’assegnatario che intende vendere deve darne comunicazione all’ente, che potrà esercitare il diritto di prelazione entro 60 gg dal ricevimento della comunicazione, per un prezzo pari a quello di cessione rivalutato sulla base della variazione accertata dall’Istat.

Se l’assegnatario non consente l’esercizio della prelazione, l’ente non ha il diritto di riscatto, ma il contratto è nullo. Questo diritto di prelazione è particolarmente gravoso per l’assegnatario perché il valore determinato è di gran lunga inferiore al prezzo di mercato. É evidente che il «divieto decennale di alienazione» è posto per evitare speculazioni, ossia impedire che chi acquista a un prezzo agevolato rivenda al prezzo di mercato. In ogni caso, il diritto di prelazione spetta solo nel caso di prima vendita dopo l’assegnazione.

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Diritto di prelazione del coerede

Quando si verifica la perdita del proprio caro si è chiamati a succedere all’eredità, si verifica uno «stato di comunione ereditaria incidentale», cioè provocata dalla morte del disponente. Quando si verifica questa situazione, ciascun coerede affinché si veda assegnata una porzione concreta dell’eredità, e non una semplice quota del patrimonio ereditario, è necessario procedere alla divisione delle «poste attive» della massa ereditaria proporzionalmente alle quote spettanti a ogni coerede, dichiarando sciolta la comunione ereditaria.

Il diritto di prelazione e di riscatto, disciplinato dall’articolo 732 del c.c. ha come finalità quella di impedire l’ingresso dell’estraneo alla comunione ereditaria e a tal fine prevede che «il coerede che vuole alienare a un estrano la propria quota o parte di essa» deve notificare la proposta di alienazione, indicandone il prezzo, agli altri coeredi, per l’eventuale esercizio del diritto di prelazione.

La legge prevede il termine di 60 (sessanta) giorni per l’esercizio della prelazione e aggiunge che in caso di mancanza delle notificazione, i coeredi hanno diritto di riscattare la quota dall’acquirente e da ogni successivo avente causa. Il riscatto, (secondo l’art. 732 del c.c.) può essere esercitato solo finché dura lo stato di comunione ereditaria e cessa con la divisione attraverso la quale si verifica la trasformazione dei diritti dei singoli partecipanti su quote ideali dell’eredità in diritti di proprietà individuali su singoli beni.

A seguito della divisione, la «comunione ereditaria» si trasforma in «comunione ordinaria» alla quale non è applicabile l’art. 732 del c.c. La disposizione in esame, opera, quindi, solo tra coeredi comproprietari, in virtù di un unica successione (Cassazione 12504 del 21 maggio 2018).

Qualora una quota di eredità sia stata alienata a persona non facente parte della comunione, che sia, però, sposata, in regime di comunione legale, con uno dei coeredi, l’acquirente non può essere considerato ai fini dell’esercizio del diritto di prelazione (previsto dall’art. 732 del c.c.) poiché tale quota rientra automaticamente (ex art. 177 del c.c.) nella suddetta comunione legale e, pertanto, il proprietario conseguente alla cessione è identico a quello che sarebbe derivato se il cessionario fosse stato il coniuge coerede (Cassazione 15271 del 12 giugno 2018).

Diritto di prelazione sull’azienda nell’impresa familiare

I famigliari che collaborano nell’impresa famigliare, ossia il coniuge, i parenti entro il III grado e gli affini entro il II grado, oltre ad aver diritto al mantenimento, partecipano agli utili e ai beni acquistati con gli stessi, ivi compresi gli eventuali immobili. La legge prevede che in caso di divisione ereditaria (art. 713 del c.c.) o di trasferimento dell’azienda (art. 2557 del c.c.) i partecipanti dell’impresa famigliare hanno il diritto di prelazione, e tale diritto si estende anche nel caso di cessione di singoli beni aziendali.