CONFORMITÁ URBANISTICA

Conformità urbanistica

Ultimo aggiornamento 8 Giugno 2022 da VetrinaFacile.it & Redazione

Conformità urbanistica. Ogni immobile, oltre a presentare quei requisiti minimi in termini di sicurezza, salubrità e risparmio energetico necessari a renderla abitabile, deve essere fornito dal cosiddetto «titolo abilitativo», ovvero di quel «provvedimento autorizzatorio» concesso dalla pubblica amministrazione ogni qualvolta venga realizzata una nuova costruzione.

Il rilascio del «titolo abilitativo» dunque, il controllo pubblicistico su ogni opera idonea a incidere sulla conformità urbanistica, risponde all’interesse dello Stato nelle sue diverse articolazioni e forme di decentramento, a salvaguardare l’integrità dei suoi elementi essenziali, ovvero il territorio.

L’opera realizzata in assenza di alcun «titolo abilitativo» è qualificata come abusiva ed è suscettibile di demolizione ogniqualvolta detto rimedio risulti l’unico idoneo a tutelare i beni giuridici costituzionalmente garantiti dell’ambiente e del paesaggio.

L’esigenza di controllo dell’uso edificatorio dei suoli si esplicherà attraverso l’attività dei comuni, chiamate a verificare la regolarità dei progetti presentati e, successivamente, la conformità fra detti progetti e lo stato di fatto della costruzione.


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Titolo abilitativo

La legge impone il rilascio del «titolo abilitativo», non solo in caso di nuova opera, ma anche nell’ipotesi in cui vengano effettuate importanti modifiche strutturali su un immobile già realizzato e non comprese nel «provvedimento autorizzatorio» precedentemente rilasciato.

La regolarità urbanistica dell’immobile si atteggia quali caratteristiche intrinseche del bene e le relative sanzioni disposte con l’articolo 31, commi 2 e 3 del testo unico dell’edilizia.

Hanno conseguentemente anch’esse carattere reale, presentandosi, oltretutto, l’abuso, quale ipotesi di illecito permanente. L’acquirente di un immobile abusivo dunque, rischia nel caso in cui non vengono effettuati gli opportuni controlli, di perdere la proprietà dell’immobile, una volta emesso l’ordine di demolizione dello stesso.

Sotto il profilo civilistico il legislatore ha coerentemente previsto la sanzione della nullità per l’atto di compravendita immobiliare dal quale non risultino gli estremi urbanistici del bene immobile oggetto del contratto.

In particolare l’articolo 46 del testo unico edilizia, in continuità con le disposizioni di cui all’articolo 40 della legge 47/1985, dispone che gli atti tra vivi, sia in forma pubblica che privata, aventi per oggetto trasferimento o costituzione o scioglimento della comunione di diritti reali, relativi a edifici, loro parti, la cui costruzione si iniziata dopo il 17 marzo 1985, sono «nulli» o non possono essere stipulati ove da essi non risultino, per dichiarazione dell’allienante, gli estremi del “permesso di costruire” o del “permesso in sanatoria”. Tali disposizioni non si applicano agli atti costitutivi modificativi o estintivi di diritti reali di garanzia o di servitù.


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Immobili costruiti prima del 1967. Conformità urbanistica

Per gli mobili costruiti anteriormente al primo settembre 1967, vale una regola parzialmente diversa, stante le difficoltà che l’acquirente potrebbe riscontrare nella reperimento della documentazione urbanistica presso edifici comunali.

In tal ipotesi è considerato valido nel caso in cui venga allegata al contratto, una dilatazione sostitutiva di atto notorio, rilasciata dal proprietario del bene, attestante che la costruzione dell’opera è iniziata anteriormente a tale data. La dichiarazione è resa dal venditore sotto la propria responsabilità, dopo essere stato ammonito da parte del notaio in ordine alle conseguenze penali e civili (in termini di responsabilità contrattuale), cui incorrerebbe in caso di falsa dichiarazione.

La descritta sanzione di nullità, derivante dalla mancata indicazione del titolo edilizio, non trova applicazione con riguardo ai preliminari di vendita, in quanto contratti a efficacia obbligatoria (Cassazione 6685 del 7 marzo 2019).

L’invalidità dell’atto è limitata infatti, in forza del tenore letterale della norma ai soli contratti con effetti traslativi, tale considerazione è suffragata dalla considerazione, in via fattuale, che non può a priori escludersi l’indicazione del permesso in sanatoria (o la presentazione della dichiarazione richiesta per immobili costruiti prima del primo settembre 1967), all’atto della stipula del definitivo.

Promissario acquirente

Il promissario acquirente, a fronte della carenza dei requisiti richiesti dalla disciplina urbanistica, pur non potendo invocare la nullità del preliminare, sarà comunque sempre legittimato a richiedere la risoluzione del contratto, rappresentando la mancanza delle dichiarazioni prescritte dalla normativa di cui al t.u. edilizia, ipotesi di inadempimento di non scarsa importanza (Cassazione 27129 del 28 dicembre 2016).

Naturale conseguenza del superiore processo argomentativo è che non può essere pronunciata sentenza di trasferimento coattivo ex articolo 2932 del codice civile, nel caso di omissione della predetta dichiarazione. I giudici di legittimità (Cassazione sezioni unite 23825 del 11 novembre 2009), hanno però chiarito che essa può provenire anche da parte del promissario acquirente, fintanto che la causa non vengo assunta in decisione del giudizio d’Appello.

Tali considerazioni sono mosse dal fatto che la ratio dell’articolo 46 del t.u. edilizia non si esaurisce esclusivamente nella finalità di evitare la circolazione di immobili abusivi, ma trova fondamento, ancor prima e principalmente, nelle esigenze di tutela dell’acquirente. In tal senso non si vede perché non possa essere proprio quest’ultimo, a tutela dei propri interessi, a produrre la documentazione richiesta dalla normativa (o prestare la relativa dichiarazione), così salvando le sorti del contratto già concluso.

Comma 4 art. 46 T.U. Edilizia. Conformità urbanistica

Lo stesso comma 4 dell’articolo 46 del t.u. edilizia dispone del resto che se la mancata indicazione in atto degli estremi del titolo abilitativo non è dipesa dalla sua insussistenza, il contratto potrà essere fatto salvo, mediante la redazione di un atto successivo che contenga la menzione omessa. Il venditore è altresì tenuto, ai sensi dell’articolo 29 comma 1 bis della legge 52/1985, ad adempiere a un ulteriore formalità consistente nella dichiarazione, sotto la propria responsabilità, di conformità della planimetria catastale allegata al contratto con la situazione di fatto in cui si presenta l’immobile oggetto di compravendita.

Tale dichiarazione deve essere accompagnata dall’attestazione, da parte del notaio rogante, della regolare intestazione dello stesso presso il catasto dei fabbricati, nonché della sua conformità con le risultanze contenute all’interno dei registri immobiliari. La violazione di tali prescrizione viene sanzionata con la nullità dell’atto, e, in difetto della superiore verifica di conformità, il notaio non potrà erogare la compravendita.

Onere del venditore. Conformità urbanistica

Onere del venditore è dunque quello di aggiornare la planimetria dell’immobile ogni qualvolta vengono posti in essere quelle opere modificative sulla conformità del bene alle risultanze contenute all’interno delle schede catastali; situazione che si verifica nel caso in cui esse apportino una modifica della rendita catastale (come nel caso in cui si realizzi un soppalco o un servizio igienico).

Tale disciplina rileva non solo nel caso della compravendita, ma deve essere applicata in occasione di tutti gli atti di trasferimento dell’immobile (tra cui anche le divisioni e le donazioni) e di costituzione o trasferimento di diritti reali, compresi usufrutto è servitù, non rilevando unicamente per gli atti di concessione di ipoteca. La normativa in oggetto non trova applicazione invece per gli atti di trasferimento di terreni, fabbricati rurali o fatiscenti e fabbricati in corso di costruzione o rustici.

Il notaio non è tenuto ad effettuare alcuna indagine. Conformità urbanistica

In materia di regolarità urbanistica e di agibilità dell’edificio il notaio rogante non è tenuto effettuare alcuna indagine sulla qualità tecnica del bene compravenduto, né sulla effettiva regolarità urbanistica dello stesso. Questi infatti deve limitarsi a raccogliere le dichiarazioni del venditore richiesti dalla normativa e inserirle all’interno del contratto, non avendo invece alcun onere in termini di verifica della veridicità delle stesse (tribunale di Bologna 649 del 27 febbraio 2018).

Il dovere di consiglio che incombe sul professionista non può estendersi infatti fino all’esame di questioni tecniche e specialistiche che esulano dunque dalle proprie competenze giuridiche che richiederebbero delle conoscenze ingegneristiche tali da consentire l’autonoma valutazione circa l’abitabilità dell’immobile (Cassazione 14618 del 13 giugno 2017).

Onere del notaio è quella di avvisare il compratore delle conseguenze penali, civili e amministrative che derivano dalla prestazione delle suddette dichiarazioni.

Diversamente in materia di conformità catastale, il notaio è responsabile ex articolo 28 comma 1 della legge 89/1913, laddove ometta di inserire nell’atto la dichiarazione richiesta dall’articolo 29 comma 1 bis della legge 52/1985 di conformità dei dati catastali, relativi all’identificazione e alla capacità reddituale del bene, allo stato di fatto dell’immobile. In tal senso la sola dichiarazione di conformità della planimetria non è sufficiente ad esonerarlo da detta ipotesi di responsabilità (Cassazione 11507 del 3 giugno 2016).

La dichiarazione di conformità urbanistica deve avere come specifico oggetto sia la planimetria dell’immobile, sia i suoi dati catastali.

Nel caso in cui si proceda a sanare l’atto, il notaio responsabile che dimostri che la mancanza della dichiarazione della conformità urbanistica è dovuta a mero difetto formale del titolo e non ad una sostanziale difformità del bene rispetto ai dati catastali non incorre ex-post in un’ipotesi di responsabilità disciplinare (Cassazione 29894 del 20 novembre 2018).

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