DIFFERENZA TRA CONDOMINIO MINIMO E CONDOMINIO PARZIALE

Condominio minimo condominio parziale da VetrinaFacile.it

Ultimo aggiornamento 18 Aprile 2023 da VetrinaFacile.it & Redazione

Condominio minimo e condominio parziale

«Condominium» vale a dire «dominare insieme» è l’etimologia della parola latina, già utilizzata nel medioevo, a rendere l’idea di quale sia ancora oggi la principale funzione del condominio.

Questo in assenza di una definizione nel c.c. (codice civile), può essere descritto come l’istituto giuridico che nasce naturalmente, senza la sottoscrizione di alcun contratto, nell’esatto momento in cui in un palazzo, solitamente formato da più piani, coesistono almeno due differenti proprietari che condividono la proprietà di alcune parti comuni dell’edificio, sulle quali per l’appunto «dominano insieme».

Il condominio non si identifica con l’intero palazzo, ma soltanto con l’insieme delle parti comuni poste a servizio di un complesso di unità immobiliari, ognuna delle quali di proprietà singola.

Il condominio non è quindi individuabile con l’intero palazzo, ma soltanto con l’insieme delle parti comuni poste a servizio di un complesso di unità immobiliari, ognuna delle quali di proprietà singola. Parti che possono essere elementi strutturali e necessari come, per esempio, il tetto, le scale il portone e le mura, che assicurano l’esistenza stessa dell’edificio e la sua stabilità, ma anche impianti utili ai condomini (idrici, fognari, gas, riscaldamento, energia elettrica ecc.) e, in generale, tutti quei beni e quei servizi che dagli atti non risultano di proprietà esclusiva di qualcuno.

Differenza tra condominio minimo e condominio parziale: quando nasce il condominio

Il condominio nasce in modo spontaneo nello stesso istante in cui l’impresa costruttrice vende il primo appartamento: a partire da quei momenti realizza una doppia proprietà e ciascun condomino ha il diritto di convocare la prima assemblea.

La legge di riforma 220 dell’11 dicembre 2012, entrata in vigore il 18 giugno dell’anno successivo, ha modificato in modo sostanziale alcune delle norme in tema di condominio contenute nel «Libro terzo» della proprietà del c.c.del 1942, ma sono ancora numerose le questioni “spinose” sulle quali Tribunali e Cassazione si esprimono ogni giorno, a cominciare dalla distinzione su cosa compete alla vita comune condominiale e cosa invece no.

Condominio minimo

Per la costituzione di un condominio, come si è visto, è sufficiente che vi sia più di un proprietario e delle parti comuni condivise. É quindi possibile che due soli proprietari possano dar vita al cosiddetto «condominio minimo», contemplate dalla giurisprudenza e che, al pari del fratello maggiore, riconosce nell’assemblea l’organo per deliberare sulle parti comuni dell’edificio.

Il problema si pone nell’applicare le norme del c.c., nella fattispecie quelle che regolano le votazioni a maggioranza. Essendo i votanti soltanto due è evidente come le uniche possibilità siano l’unanimità o l’esatta contrapposizione, che rende impossibile ogni decisione.

Sulla questione è più volte intervenuta la Corte di Cassazione ribadendo che il condominio minimo è equiparabile a qualsiasi altro condominio, anche se in tema di costituzione e funzionamento dell’assemblea è possibile applicare le norme generali sulla comunione, come fra l’altro disposto dall’articolo 1139 del c.c..

Ne consegue che, qualora i due condomini non si mettano d’accordo, vista l’impossibilita di raggiungere la maggioranza, è possibile ricorrere all’autorità giudiziaria, come prevede appunto l’ultimo comma dell’articolo 1105 del c.c., secondo cui…

…se non si prendono i provvedimenti necessari per l’amministrazione della cosa comune o non si forma una maggioranza, ovvero se la deliberazione adottata non viene eseguita, ciascun partecipante può ricorrere all’autorità giudiziaria. Questa provvede in camera di consiglio e può anche nominare un amministratore.

Condominio minimo condominio parziale: convocazione dell’assemblea

Altrettanto dibattuta è la questione riguardante la «convocazione dell’assemblea» e anche su questo punto é necessario l’intervento della Suprema Corte. Secondo i «Giudici Ermellini», anche in presenza di un condominio minimo per la validità di qualsiasi deliberazione, è necessario che tutti i compartecipi siano avvertiti per tempo, in modo da acquisire i contenuti della discussione in oggetto.

Resta invece disciplinato dall’articolo 1134 del c.c. «gestione di iniziativa individuale», il capitolo riguardante la restituzione delle spese anticipate da un condomino per la conservazione delle parti comuni: il secondo condomino è tenuto a rimborsare il primo soltanto nel caso in cui si tratti di spese urgenti, cioè che necessitino di essere eseguite senza ritardi così da scongiurare eventuali danni.

Condominio parziale

Può accadere che in un edificio condominiale, per determinate caratteristiche strutturali, alcune delle parti comuni non servano a certi proprietari dello stabile. Si pensi, per esempio, al palazzo con più scale: sarebbe illogico che chi abita nella scala A debba pagare anche le spese per la manutenzione della scala B che non utilizza mai.

Così in presenza di proprietà comuni di cose, impianti e servizi soltanto ad alcuni condomini si configura il cosiddetto «condominio parziale» come specificato dalla Corte di Cassazione (sentenza 21 gennaio 2000, n. 651) questa tipologia di condominio insorge «ope legis», ogni qual volta sussistono i presupposti configurati dalla relazione di accessorio a principale in concreto tra le singole unità immobiliari e determinate cose, impianti e servizi di uso comune e non v’é necessità del procedimento di separazione, che si svolge in assemblea o davanti all’autorità giudiziaria.

Il condominio parziale, quindi, coesiste insieme al condominio inteso in termini generali e rende possibile, tornando all’esempio precedente, che i proprietari di una sola scala possano riunirsi in «assemblee dedicate» e discutere esclusivamente sulle parti di loro interesse, fermo restando il loro diritto a partecipare alle assemblee riguardanti l’intero condominio. Il concetto di condominio parziale, seppure involontariamente, è stato introdotto dall’articolo 1123 del c.c., che disciplina la ripartizione delle spese e stabilisce appunto che:

… qualora un edificio abbia più scale, cortili, lastrici solari, opere o impianti destinati a servire una parte dell’intero fabbricato, le spese relative alla loro manutenzione sono a carico del gruppo di condomini che ne trae utilità.

Detto ciò, il proprietario dell’alloggio che fa parte del condominio parziale contribuirà al pagamento di altre spese comuni, per esempio quelle relative al giardino o al cortile che utilizzano tutti i proprietari dell’edificio.

Condominio parziale, spese di manutenzione: paga solo chi trae utilità dal bene

Per l’affermazione della natura condominiale di un bene è necessario che esso abbia l’attitudine funzionale al servizio o al godimento collettivo, e cioè sia legato, strumentalmente, materialmente o funzionalmente, con le unità immobiliari di proprietà esclusiva dei singoli condomini (Cassazione 7 maggio 2010, n. 11195; Cassazione 22 agosto 2002, n. 12436; Cassazione 1° dicembre 2000, n. 15372). 

Se la relazione funzionale interessa una singola unità immobiliare in proprietà esclusiva, nel senso che la cosa risulta destinata al solo servizio di questa, la natura condominiale del bene deve escludersi. 

Se, invece, il bene è destinato a servire non già la porzione in proprietà esclusiva di un solo condomino ma una parte del fabbricato riferibile a un numero limitato di condomini, trova applicazione l’articolo 1123, comma del c.c., secondo cui le spese relative alla manutenzione di esse sono a carico del gruppo dei condomini che ne ha tratto l’utilità (Cassazione 2 marzo 2016, n.4127).

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