CANNA FUMARIA NEL CONDOMINIO

Canna fumaria nel condominio by VetrinaFacile.it

Ultimo aggiornamento 15 Dicembre 2022 da VetrinaFacile.it & Redazione

Canna fumaria nel condominio

Canna fumaria nel condominio. Costi e gestione all’interno di un condominio. I costi della manutenzione ordinaria della canna fumaria centrale vanno ripartiti secondo i millesimi di calore, purché il regolamento contrattuale non dica diversamente. Quelle di manutenzione straordinaria, costruzione o ristrutturazione, secondo i millesimi di proprietà.

Se le canne fumarie sono singole ciascuno paga per sé (Cassazione 25 settembre 2012, n. 16306) e per identificare a chi appartengono, basta accertare chi è effettivamente servito.

Di un certo rilievo è il dibattito sull’installazione di nuove canne fumarie singole, tenuto conto che le norme tecniche impongono lo sbocco oltre il colmo del tetto e che i locali commerciali al piano terra possono essere destinati a un ristorante, a una pizzeria o a un panettiere, che necessitino per lavorare dell’installazione di una canna fumaria particolarmente capace.

Quanto allo sbocco oltre il colmo del tetto (l’artico 17 bis del Dl 63/ 2013, convertito nella legge 90/ 2013, a modifica dell’articolo 5 Comma 9 del Dpr 412/1993) dispone che “…gli impianti termici installati successivamente al 31 agosto 2013 devono essere collegati ad appositi camini, canne fumarie o sistemi di evacuazione dei prodotti della combustione, con sbocco sopra il tetto dell’edificio alla quota prescritta dalla regolamentazione tecnica vigente”.


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Specifiche deroghe sono previste esclusivamente nei casi in cui:

  1. si proceda, anche nell’ambito di una riqualificazione energetica dell’impianto termico, alla sostituzione di generatori di calore individuali che risultano installati in un periodo precedente la suddetta data del 31 agosto, con scarico a parete o in canna collettiva ramificata;
  2. adempimento dell’obbligo risulti incompatibile con norme di tutela degli edifici oggetto dell’intervento, adottate a livello nazionale, regionale o comunale;
  3. il progettista attesti e asseveri l’impossibilità tecnica a realizzare lo sbocco “sopra il colmo del tetto”;
  4. si proceda alle ristrutturazioni di impianti termici individuali già esistenti, siti in stabili plurifamiliari, qualora nella versione iniziale non dispongano già di camini, canne fumarie e/o sistemi di evacuazione dei prodotti della combustione con sbocco sopra il tetto dell’edificio, funzionali e idonei o comunque adeguabili all’applicazione di apparecchi a condensazione;
  5. vengano installati uno o più generatori ibridi compatti, composti almeno da una caldaia a condensazione a gas e da una pompa di calore e dotati di specifica certificazione di prodotto.

Per poter accedere a queste deroghe è tuttavia obbligatorio:

  1. Nei casi di cui alla lettera a), installare generatori di calore a gas a camera stagna il cui rendimento sia superiore a quello previsto all’articolo 4, comma 6, lettera a), Dpr 59/2009;
  2. nei casi di cui alle lettere b); c) e d), installare generatori di calore a gas a condensazione;
  3. prodotti della combustione abbiano emissioni medie ponderate di ossidi di azoto non superiori a 70 mg/kWh, misurate secondo le norme di prodotto vigenti.

Nei caso di cui alla lettera e) installare generatori di calore a gas a condensazione i cui prodotti della combustione abbiano emissioni medie ponderate di ossidi di azoto non superiori a 70 mg/kWh, misurate secondo le norme di prodotto vigenti, e pompe di calore il cui rendimento sia superiore a quello previsto all’articolo 4, comma 6, lettera b) Dpr 59/ 2009.

In tutti i casi è comunque necessario posizionare i terminali di scarico in conformità alla vigente norma tecnica UNI7129 e successive modifiche e integrazioni. È fatto obbligo ai comuni, peraltro, di provvedere ad adeguare i loro regolamenti alle prescrizioni appena riferite.


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Canna fumaria nel condominio: diritto al calore

In ogni condominio possono coesistere più tipologie di impianti, alcuni dei quali a servizio di tutti i condomini, altri soltanto di alcuni. Un ascensore, per esempio, può servire una singola scala, così come la colonna fognaria verticale, collegata esclusivamente ad alcuni bagni sovrapposti uno all’atro. In altri casi un impianto è in parte condominiale e in parte privato, come avviene con le tubazioni dell’acqua, che dal punto in cui si diramano per raggiungere l’alloggio diventano di proprietà del singolo. Per la suddivisione delle installazioni e di manutenzione vale il principio generale secondo il quale le spese sono sostenute esclusivamente dai condomini che se ne servono, salvo che il regolamento non preveda diversamente.

Differenza tra riscaldamento centralizzato e autonomo

  1. Nel caso d’impianto centralizzato, una caldaia comune, attraverso un sistema di tubazioni, trasporta d’acqua calda nei caloriferi dislocati nelle singole unità abitative. Il periodo e l’orario di funzionamento sono uguali per tutti i condomini e, in caso di malfunzionamento dell’impianto, la responsabilità è dell’amministratore, che deve provvedere, passando dall’assemblea, all’eventuale adeguamento. Per l’installazione di un nuovo impianto è necessario il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti in assemblea che rappresentano almeno i due terzi dei millesimi.
  2. L‘impianto autonomo, invece, prevede solitamente una caldaia, caminetti e stufe che producono calore esclusivamente per l’appartamento in cui sono installate. L’accensione e lo spegnimento, quindi anche i consumi, a differenza dell’impianto centralizzato, sono regolati dal proprietario dell’alloggio. Per le trasformazione in impianti, invece, è sufficiente la maggioranza degli intervenuti con almeno 500 millesimi.

L’assemblea non può opporsi invece, all’installazione, obbligatoria per legge, di termovalvole e contabilizzatori di calore.


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Conversione d’impianto di riscaldamento

Capita in molti casi che il condominio decida di passare da un impianto alimentato a gasolio a un altro alimentato a metano. Se la conversione si limita alla semplice sostituzione del bruciatore, è sufficiente il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti che rappresentino almeno un terzo del valore dell’edificio. Il quorum diventa più severo (maggioranza intervenuti e 500 millesimi) qualora l’intervento preveda lo spostamento della caldaia e altri lavori straordinari di grossa entità.

Per quanto concerne i costi del servizio, per i condomini che hanno installato le termovalvole e i contabilizzatori di calore, la spesa si compone di due quote, una fissa, l’altra variabile.

La prima comprende i costi di manutenzione ordinaria, la gestione del servizio di contabilizzazione e delle dispersioni di calore. Nella quota variabile, invece, è indicato il consumo effettivo misurato dai ripartitori dei singoli termosifoni. In assenza di valvole, per stabilire criteri di ripartizione più equi, il condominio calcola i cosiddetti «millesimi calore».

Non è detto, infatti, che due appartamenti identici quanto a grandezze abbiano un consumo di combustibile uguale se uno dei due è posto a un piano medio ed è circondato da altri locali riscaldati e l’altro, invece, è all’ultimo piano ed è esposto su un angolo. Il primo consumerà molto meno e il secondo molto di più.

I millesimi di calore sono solitamente determinati attraverso tre criteri:

  1. l primo tiene conto della volumetria dell’appartamento; 
  2. il secondo del numero di elementi radianti;
  3. il terzo di entrambi i fattori.

È evidente come queste regole abbiano dei grossi limiti. Si pensi al proprietario che decide di installare caloriferi più potenti o all’appartamento che, pur con una volumetria contenuta, presenta un basso grado di isolamento e quindi notevole dispersione. I millesimi calore si utilizzano anche per suddividere le spese di manutenzione ordinaria della canna fumaria centrale. Per gli interventi straordinari e di ricostruzione, invece, si tiene conto dei millesimi di proprietà. Quando le canne fumarie sono singole, come stabilito dalla corte di cassazione (sentenza 25 settembre 2012, 11. 16306) ogni condomino paga per sé.

Diritto al calore nel condominio

In forza del principio generale di uguaglianza tra condomini, in ogni condominio i servizi comuni devono essere goduti dai condòmini in modo uguale. Ciò vale anche per l’impianto di riscaldamento centralizzato se un proprietario è ben riscaldato e un altro no si ha uno squilibrio. É l’amministratore in prima persona (e il condominio in seconda istanza) il responsabile del danno causato dalle cose che ha in custodia (articolo 2051 del codice civile), che in questo caso si può configurare, ad esempio, con una malattia causata, o anche solo aggravata, dal mancato riscaldamento. Quando un appartamento è poco riscaldato o surriscaldato, le norme tecniche non stabiliscono però alcun livello minimo di temperatura da serbare nei locali.

Al contrario è fissato il livello massimo, vale a dire 20 °C più 2 di tolleranza per inesatta taratura dell’impianto (secondo il 412/1993). In caso di squilibri termici, se l’inconveniente è eliminabile senza creare danno agli altri appartamenti (come quasi sempre accade), si ha diritto di chiedere che vengano prese le misure necessarie, anche nel caso in cui occorre affrontare una spesa consistente.

Non può essere portata come scusa dal condominio il fatto che la stessa quantità di calore sia erogata a tutti. Infatti, un appartamento al primo o all’ultimo piano, o in posizione più esposta “consuma” certamente più energie: a ciò si provvede con un’adeguata ripartizione delle spese (i cosiddetti millesimi di calore).

L’unica eccezione si verifica quando gli squilibri di calore derivano da fattori che non è agevole eliminare con una corretta gestione dell’impianto. Si pensi, per esempio, a un attico sottoposto a fortissimi sbalzi di temperatura durante la giornata, a seconda della presenza o meno di agenti atmosferici, come sole o pioggia (Cassazione 10 giugno 19821 n. 3775).

Revisione impianto di calore nel condominio

Se i lavori di revisione dell’impianto impongono di aggiungere ad un determinato appartamento elementi radianti ai caloriferi, occorrerà dare un’occhiata al regolamento condominiale contrattuale. Nel caso in cui il documento preveda il calcolo dei millesimi in base agli elementi radianti, si provvederà alla revisione delle tabelle calore. Se, invece, il regolamento calcola i millesimi solo in base alla superficie o alla cubatura dell’appartamento, il condomino ha diritto a essere maggiormente riscaldato ma non pagherà un euro in più.

Gli altri dovranno consolarsi con la constatazione che, dopotutto, gli appartamenti ai piani medi godono del “furto di calore” degli appartamenti circostanti. É del tutto impossibile, per il proprietario dell’appartamento, applicarsi un’autoriduzione delle spese, perfino se casa sua è lasciata completamente al freddo. Lo ha chiarito più volte la Cassazione (sentenze 30 novembre 1996, n. 10492; 10 giugno 1998, n. 5813 e 2 agosto 2001, n. 10560).

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